Chiedo scusa per ogni volta che, parlando con altri uomini, ho detto di una donna non presente qualcosa di volgare a sfondo sessuale. E chiedo scusa per quando ho interrotto una signora mentre parlava, a cominciare da mia moglie. Non ho mai alzato le mani su una donna, ma la voce sì, anche contro la mia amata madre, che non c’è più. Non poter riavvolgere il nastro mi addolora.
Sono stato educato da brave persone in un un contesto sociale nazionale costruito attorno all’esaltazione della famiglia e del lavoro. Ruoli e gerarchie ben precise, con l’uomo sempre al vertice, come i predatori del regno animale.
Nell’immensa provincia italica tutto era, e in tanti luoghi ancora è, regolato da chiacchiericcio, moralismo, ipocrisie e superstizione. Quando ero piccolo, a capodanno le donne non potevano uscire e tanto meno entrare in casa d’altri. Se lo avessero fatto, si diceva, avrebbero garantito a quelle malcapitate famiglie delle sciagure. Viceversa, noi maschietti passavamo quella giornata di festa portando di persona gli auguri a tutti, perché era di buon auspicio. Erano le donne stesse ad alimentare quella scemenza.
Gli uomini presidiano le carriere come il circolo della caccia
La mia generazione è cresciuta con l’esempio della mamma lavoratrice ma anche colf, mentre il papà era al bar a vedere la partita. Davvero difficile sradicare una cultura così.
Sono entrato nel mondo del lavoro da tanti anni, ma oggi come allora le giacche scure e le cravatte serrano i ranghi, come fossero al circolo della caccia, chiudendo alle donne gli accessi alle posizioni migliori. E quando una signora apre una breccia e occupa una di queste posizioni è perché “ha le palle”.
Le parole sono l’origine di tutto
Le parole sono importanti perché formano i pensieri. Le parole educano al bene o al male, creano una coscienza di comunità, una cultura condivisa e regolatrice della morale collettiva. E’ dalle parole giuste che fiorisce l’uguaglianza, è dalle parole sbagliate che si perpetua la diseguaglianza o si coltiva la violenza.
Siamo tutti responsabili: maschi, femmine, chiunque di noi alimenti pregiudizi e non reagisca a quel pensiero arcaico che ci porta a dire o a pensare che la vittima di un criminale è in qualche modo complice, mentre per lo stupratore, l’assassino, il bullo, il picchiatore e lo stalker si cercano le giustificazioni.
Non basta cambiare la desinenza delle parole che fino a ieri erano solo maschili. Non basta introdurre il femminicidio come variante più esecrabile dell’omicidio. Non basta l’espediente delle quote rosa per imporre ciò che sarebbe normale.
Siamo incastrati nelle strutture mentali che abbiamo lasciato erigere attorno e dentro di noi. E’ arrivato il tempo di demolirle.
Massimo Max Calvi ©2019
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