Hai presente quelle volte in cui la mente vola via mentre stai camminando in solitudine, o guidando (sarebbe meglio di no), oppure mentre osservi qualcosa con lo sguardo fisso e i pensieri altrove? Capita anche se stai meditando o contemplando un bel panorama.
E d’un tratto pronunci una frase, una parola.
Qualcuno lo fa senza realmente parlare, non emette suoni ma le parole si ficcano dentro al flusso dei pensieri e lo interrompono.
Altri, come me, interrompono anche il silenzio. Sai quando urli una cosa nel sonno e ti risvegli al suono della tua stessa voce?
D e v o r i e n t r a r e.
L’ho detta così. Lentamente.
Ero appena rincasato da un giro per questioni di lavoro. E a un certo punto, dalla mia bocca, sono uscite spontaneamente queste due parole. Non mi sono reso conto di parlare né ricordo a cosa stavo pensando prima di quel momento, ma dopo pochi istanti avevo già chiaro cosa avevo appena ascoltato.
Devo rientrare in me, nel me autentico.
La nostra tendenza adattiva a conformarci a un determinato contesto, lavorativo o sociale, ci fa percorrere tanta strada, non sempre in modo consapevole. Per alcuni è un fatto di approvazione sociale, per altri una questione di sopravvivenza, altri ancora semplicemente si ritrovano lì in mezzo a un bivio nel bosco della loro esistenza, dopo anni di vita preordinata.
Ciascuno sa, nel suo intimo, quanto si trova prossimo o distante dal proprio ideale di sé.
Dipende da dove osservi la scena
Ciascuno di noi immagina già cosa veramente conterà nell’ultimo giorno dell’esistenza fisica su questa terra quando, con il nostro fardello di rimpianti e rimorsi, ci presenteremo al tabellone dei punteggi, come si faceva un tempo alla fine dell’anno scolastico.
Promossi, respinti. Rimandati, forse, chissà.
Se si potesse ricominciare cosa faremmo?
Ti lasci imbrigliare dal senso di colpa o dall’autostima
Nella vita può accadere che insegui un’idea, una preda, un’emozione, una luce.
O fuggi. Dipende da dove ti metti a osservare la scena (lo facciamo nelle sedute di coaching).
Nel tempo prendi decisioni, qualche volta in modo automatico secondo i tuoi schemi, altre volte ti fai condizionare dagli altri o dal tuo bisogno di autostima.
Può anche capitare che ti fidi di qualcuno, oppure ti lasci sedurre e infine imbrigliare in un senso di colpa. Vorresti cambiare strada ma qualcosa ti trattiene. E allora trovi una giustificazione che lenisca il tuo disagio. Per un po’.
La casa sei tu, non abbandonarti.
E così a un certo punto del cammino ti trovi troppo lontano da casa.
La casa sei tu.
Prima che faccia veramente freddo è bene rientrare. Oggi qualcuno, o qualche cosa, mi ha avvertito che si sta facendo sera ed è meglio rientrare. In passato avevo colto e assecondato altri segnali e per questo mi ritengo fortunato. Ricordo la strada e ho le potenzialità necessarie per percorrerla.
Ma a volte, nel mio lavoro parlo con persone che non riescono a rientrare, come se si sentissero imprigionate sotto una cupola.
Non è la cupola indistruttibile descritta da Stephen King in uno dei suoi romanzi. Questa cupola è fragile, può andare in frantumi.
Serve, prima di tutto, la volontà a sfondare quel vetro sapendo che ci si può ferire e che dovremo lasciare qualcosa sotto quel cristallo sbriciolato.
Subito sembrerà difficile, duro e anche doloroso.
Ma rientrare a casa sarà così bello che ne sarà valsa la pena.
Massimo Calvi ©maggio 2021
▶️ Il sociologo e psicologo ameicano Leon Festinger, nel 1957 enunciò la Teoria della Dissonanza Cognitiva, riguardante la tensione che nasce in noi quando siamo simultaneamente consapevoli di due cognizioni incoerenti. Ad esempio ci siamo resi conto che – con un giustificazione blanda – stiamo agendo in modo dissonante da noi stessi, o abbiamo assecondato decisioni e atteggiamenti incoerenti con i nostri valori.
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